Domanda |
I coetanei di mio figlio di nove anni sono così precoci: a volte mi sembra di essere inadeguata come mamma, di non offrirgli abbastanza opportunità. (Daniela, Varese) |
Risposta |
La tendenza - certamente involontaria - di molti genitori è quella di accelerare la crescita dei propri figli. Attività intellettuali adeguate ad un’età superiore, allenamenti sportivi a ritmo agonistico, giochi che stimolano l’apprendimento della matematica, dell’italiano, del computer, delle lingue straniere. In questa corsa esasperata a “diventare grandi” si dimentica che la natura non impone salti. Ogni passaggio è fondamentale per una crescita armonica: oggi i bambini conoscono molte cose in più rispetto al passato ma non sono più felici o più maturi. Conoscere, infatti, non significa possedere un sapere, farne un uso funzionale alla propria esperienza o al proprio benessere psicofisico. Fin dalla nascita i nostri bambini ricevono un vero e proprio bombardamento di notizie e sollecitazioni, conoscono ma non sanno. L’esercizio del sapere richiede invece rielaborazione, senso critico, discernimento e tutto questo non può prescindere dal tempo. Un “tempo libero”, diverso dal “tempo obbligato” delle attività regolamentate: scuola, sport, insegnamenti vari che pure sono importanti ma che, se sottraggono al bambino lo spazio spontaneo di dialogo con se stesso e con l’altro - lo spazio della fantasia -, diventano dei veleni e non delle possibilità. Stia dunque serena. Il vero sapere non è il possesso enciclopedico di conoscenze o di abilità ma l’appassionarsi, l’approfondire, il conoscersi: diventare uomini non è una gara a chi arriva primo ma richiede gradualità e paziente attesa. |
Esperto |
Prof.ssa Palmina Trovato |
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